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GRACE DI MONACO
(GRACE DE MONACO)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 28 maggio 2014
 
di Olivier Dahan, con Nicole Kidman, Tim Roth, Frank Langella, Paz Vega (Francia, 2014)
 
La vicenda è stranota (uno dei problemi del film: bisognava forse pensarci prima): alla sublime Grace Kelly, icona intoccabile nell'America degli anni Cinquanta, i conti proprio non tornano, la vita di corte non è esattamente il massimo dopo lo spasso di Hollywood. E ora c'è anche il sommo pigmalione Hitchcock che l'ha resa ineguagliabile e che la rivorrebbe in patria per interpretare MARNIE. Scandalo e obbrobrio, e non solo per la love story che sta andando a ramengo: in preda a una grave crisi finanziaria, il Principato arrischia l'isolamento politico e boicotto, visto che Ranieri persiste nel non pagare le tasse a De Gaulle. Mentre la principessa continua a deambulare per corridoi deserti e deprimenti ritratti d'antenati piuttosto che mettere a profitto della diplomazia il proprio leggendario glamour.

Il tutto, ad essere onesti, è stato anche utilmente ritagliato dagli autori della sceneggiatura: lo spaccato di un solo periodo della durata di pochi mesi, l'acuirsi della crisi di una donna sola, l'aggrovigliarsi di quella politica, poche immagini d'archivio dell'arrivo fiabesco. E nessuna speculazione melodrammatica sull'incidente d'auto che provocherà la tragica scomparsa di Grace all'inizio degli Anni Ottanta.

Ma la scommessa di un film del genere girato nel 2014 consisteva in qualcosa di più banale e pragmatico: come trasformare in modo credibile Nicole Kidman in Grace Kelly. Ora, l'attrice australiana, protagonista anche di alcuni grandi film (EYES WIDE SHUT, THE OTHERS, MOULIN ROUGE) non ha nulla da provare: e la progressiva mutazione da erede di lusso dai genitori contrari a Hollywood a principessa d'operetta ed infine quasi-statista si legge sul suo viso con discreta, a tratti toccante sensibilità. Ma perché il film si facesse introspettivo, perché la fiaba significasse finalmente l'intimo dei personaggi occorreva la forza di uno sguardo registico. Quello di Olivier Dahan (autore in passato di un più convincente biopic su Edith Piaf, LA MOME) sembra adeguarsi ai fuochi d'artificio della baia per suggerire provvisori tumulti dell'animo, intrighi e turpitudini d'appendice ed esultanze fasulle.

Hitchcock e De Gaulle pure divertono in quanto ben imitati, mentre il commento musicale è da cinema muffito; per chi ci crede, costumi e gioielli completano adeguatamente l'arredo. Il film passerà comunque alla storia: non fosse che per la frase della principessa a un Ranieri depresso e affaticato a causa dei guai privati e politici: "Non preoccuparti caro: se le cose vanno male, andiamo a stare in una fattoria dalle parti di Montpellier".


   Il film in Internet (Google)

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